Una grande storia di folklore
Tra i più antichi e famosi Carnevali d’Italia e della Campania, un posto importante occupa quello di Capua, le cui origini si fanno risalire al 1886. Di ciò si hanno notizie certe da una pubblicazione, il giornale “La Campania democratica” che nei numeri del 31 gennaio e del 14 marzo 1886 rendicontava sul successo del Carnevale di Capua e ne raccontava la cronaca.
In quell’anno, in piazza dei Giudici, il cuore pulsante della città, si ebbe la riunificazione del Carnevale rituale della nobiltà e dei ceti alti, che si era sempre svolto nel privato dei salotti, e del carnevale spontaneo e godereccio che il popolo celebrava in pubblico.
L’annuncio di tale riunificazione fu dato dai cavalieri Francesco La Manna e Vincenzo Pizzolo organizzatori e dirigenti del primo comitato. Venne realizzato il primo corso mascherato, con i balconi fioriti e addobbati, con grandi lanci di confetti e di coriandoli e con una festa che ottenne un successo inaspettato.
In particolare, venne premiato un gruppo in maschera di oltre trenta persone che rappresentava “La sfiducia ai medici e lo sciopero degli infermi” e i carri degli “Abitanti della luna” e del “Globo misterioso“. Le finestre dell’ultimo piano del palazzo Gianfrotta, in piazza dei Giudici, vennero trasformate, con appositi addobbi, in un treno con vagoni e locomotiva fumante.
Era un palese e ironico riferimento alla cosiddetta “direttissima” Napoli-Roma, ancora da realizzarsi. Il Carnevale di Capua, da quella edizione, fu sempre celebrato tranne che negli anni delle grandi guerre e di eventi catastrofici.
LA CORTE E LA CONSEGNA DELLE CHIAVI
Il Carnevale di Capua segue fedelmente un cerimoniale rigoroso, strettamente legato alla sua storia e a quella della città. Inizia ufficialmente dopo la consegna delle chiavi della città dalle mani del Sindaco o di un suo rappresentante, a quelle del re Carnevale, il quale dopo aver recitato il suo proclama al popolo, si sofferma con il contributo dei suoi cortigiani, a sottolineare, con ironia pungente e pesante, tutte le malefatte dei pubblici amministratori.
Quella della consegna delle chiavi, è una tradizione a cui tutte le edizioni si sono sempre attenute, perché è parte dello spirito di una città in cui il popolo ha solo questo momento per esorcizzare i soprusi e le prepotenze dei suoi rappresentanti politici.
Il re Carnevale e la sua corte sono i protagonisti assoluti della manifestazione, perciò il ruolo di Re e Regina è stato spesso ricoperto da importanti attori teatrali come Renato Rutigliano, Benedetto Casillo, Antonio Allocca, Giacomo Rizzo e Leopoldo Mastelloni. La corte, inoltre, mette in scena veri e propri spettacoli che si rifanno alla prolifica tradizione della commedia dell’arte.
L’edizione del 1908 ebbe grande risalto, infatti il cronista de “Il Mattino” sig. Fanfulla scrive: “Una grande folla gremiva la piazza, illuminata splendidamente da otto lampade ad arco. Notevole il getto di coriandoli, che a piene mani si spargevano sulle capigliature delle giovanette e si lanciavano sul viso di tutti, cortesemente.” Come chiaramente si evidenzia da questa cronaca del tempo, un’altra caratteristica del Carnevale capuano è quella della “cortesia”, espressione dei modi di essere di persone educate sull’esempio dei “signori” che erano stati parte dirigente e vitale della città nel corso dei secoli.
Altri elementi fondanti della tradizione carnevalesca sono rappresentati dal proclama del re Carnevale la domenica, dal balcone dell’arengario (palazzo municipale) e dal gran ballo in maschera che originariamente era tenuto nella Piazza dei Giudici, per poi esser spostato in alcuni anni, in altre zone della città.
IL CORTEO MASCHERATO
La manifestazione inizia, nei tre giorni ufficiali, con un corteo mascherato che si snoda attraverso le vie del centro storico con un percorso ormai consolidato dal secondo dopoguerra: il giovedì grasso, con partenza dal Piazzale della Stazione; la domenica con partenza da Via Napoli, poco esterna alla cinta bastionata; il martedì con partenza dal largo Santa Caterina, nel cuore del centro storico.
Il centro storico è il secondo protagonista assoluto della manifestazione. I principali siti monumentali vengono illuminati con giochi di luce ed apposite luminarie, mentre lungo le strade si collocano arredi ed addobbi realizzati artigianalmente in legno o cartapesta. Il corteo è costituito da gruppi umoristici, composti dai cittadini, dalle scuole, da bande musicali e dai carri allegorici la cui produzione è segnalata a Capua fin dagli anni ’30. Fondamentale per questi ultimi, nel corso dei decenni, l’apporto delle maestranze dello Stabilimento Pirotecnico.
I CARRI ALLEGORICI E ALTRE TRADIZIONI
Dal coinvolgimento degli operai del Pirotecnico, datato nei primi anni del ‘900, nacque la tradizione della costruzione dei carri allegorici e della bardatura delle carrozze, da cui venivano distribuiti cioccolatini alcuni dei quali a forte stimolazione lassativa. Nei teatri cittadini venivano organizzati veglioni, ma il luogo deputato per i festeggiamenti era, come è ancora oggi, la piazza dei Giudici dove si svolgevano gare di ballo e dove venivano cantati i versi satirici che andavano sotto il nome di “cicuzze”, ancora oggi rigorosamente in lingua dialettale. Nelle “cicuzze” vengono portate alla luce, analizzate e rese pubbliche, le parti negative della politica della città.
Tutta la popolazione indossava il tradizionale costume del “Domino” (signore) ma da qualche anno questa consuetudine è stata in parte soppiantata dall’uso di mascheramenti di varie tipologie.
Nei giorni dedicati all’evento le luminarie e i carri allegorici sono allestiti in modo fantasioso e riguardanti i temi più disparati: dalle caricature di personaggi famosi alla rappresentazione stilizzata di eventi della vita popolare, alla rievocazione di maschere tradizionali italiane che commentano fatti politici nazionali ed internazionali. I carri sfilano per la città mostrando ogni anno la sempre più alta e raffinata arte dei maestri cartapestai capuani.
Il Corso Appio risplende di luminarie ed in ogni angolo c’è musica e banchi enogastronomici.
Un dolce molto buono, tipico della manifestazione, sono le “chiacchiere”, anticamente dette frictilia, una pastella fritta (o cotta al forno), intrecciata a mo’ di nodo e cosparsa di zucchero.
LA CERIMONIA
DELLA MORTE DEL RE
Altro elemento cardine della tradizione è rappresentato dalla cerimonia della morte del Re Carnevale, tramandata fin dalle prime edizioni. La formula attuale risulta consolidata fin dal dopoguerra: la sera del martedì il re e la regina con la corte annunciano la futura morte del Carnevale, inscenando una pièce teatrale apposita; a mezzanotte, la regina vestita a lutto annuncia alla città la morte del Re, il cui feretro viene posto al centro della Piazza dei Giudici. Si compone attorno ad esso, un corteo funebre animato con musica e canti festosi e la bara, portata a spalla da cittadini vestiti con il tradizionale domino, viene condotta verso il Fiume Volturno. Il corteo funebre giunto presso le Torri di Federico II, abbandona l’area, mentre il feretro viene lanciato nel fiume. Poco dopo ha luogo un imponente spettacolo pirotecnico che segna la definitiva chiusura della manifestazione.